TESTIMONIANZA DAD – PAOLA MICCI

Il 23 febbraio 2020 tutti i telegiornali italiani aprono con la notizia principale del riscontro del paziente zero affetto da virus Covid 19 a Codogno. Subito dopo arriva il comunicato che le scuole resteranno chiuse a fini precauzionali. La scuola chiusa? Forse non è successo neanche in tempo di guerra…

Ma sarà per poco tempo altrimenti come si farà? Io sono una docente e resto incredula a questa notizia, così come i miei colleghi.

La scuola resta chiusa e all’inizio e per qualche giorno ci sembra quasi il prolungamento delle vacanze di carnevale, ma poi bisogna sostenere gli studenti di ogni ordine e grado ed ecco entrare in scena la DAD.

DAD significa didattica a distanza, il ministero la sollecita e subito iniziano i primi problemi: è necessario avere strumenti tecnologici e la connessione a internet per noi insegnanti e per ogni studente. Le scuole si mobilitano, cercano donazioni di device, utilizzano quelli in dotazione alla scuola, chiedono supporto agli Enti locali.

Altro problema, come si fa la DAD?

Nessuna indicazione e in quel momento nessun corso di formazione, solo tante ore al telefono con i colleghi, tanto tempo a cercare su internet programmi, applicazioni e siti per fare scuola, ma soprattutto tanta fantasia per creare un ambiente di apprendimento degno di essere chiamato tale e che rispetti in qualche modo gli utenti.

E così ore e ore al pc a capire, a studiare, a sperimentare e soprattutto a trovare il modo di farsi sentire vicina ai propri alunni attraverso messaggi via whatsapp, mail, telefonate, messaggi al e dal rappresentante di classe….

Ogni insegnante trova il proprio modo di far lezione, qualcuno più tradizionalista assegna molti lavori su whatsapp, altri usano applicazioni per videoconferenze per simulare lezioni frontali, c’è poi chi si apre un canale you tube, chi registra le lezioni e le condivide, chi invia link e file interattivi. Ogni docente nella propria casa cerca di ingegnarsi e gli alunni si adattano a questi modi e forse senza saperlo stanno già dando l’avvio ad una nuova epoca storica.

Anche gli alunni nelle loro singole stanze stanno imparando un nuovo modo di fare scuola e noi docenti abbiamo la percezione che la scuola stia intraprendendo una nuova fase.

Nella DAD ogni alunno diventa ancora più “singolo” di quanto non lo sia in realtà in classe. Devi, dopo la lezione online con la classe, verificare i lavori individuali di ogni studente inviati in classroom e ti accorgi che qualche ragazzo lo stai perdendo: le consegne non arrivano, o sono parziali e nella lezione spesso si assenta con il pensiero e anche fisicamente.

Per tenere Il gruppo classe compatto e far sentire protagonista ogni singolo alunno in questo particolare percorso di apprendimento bisogna mettere in atto un lavoro duro, composito, di sintesi e di analisi; devi parlare al gruppo ma soprattutto al singolo, fargli capire che sei lì solo per lui, che per te è importante e che ci si può lasciarsi andare allo sconforto, ma comunque parlandone e rimanendo uniti.

Più gli alunni sono piccoli, più il docente deve sapere ricreare le routine scolastiche messe in atto in presenza, questo permette di mantenere vive nei bambini e nei ragazzi le proprie risorse emotive a cui poter attingere nei diversi momenti, anche di smarrimento e di solitudine.

Nella DAD si ha la possibilità di conoscere i propri studenti sotto altre prospettive perché si  entra nelle loro stanze, che poi spesso sono cucine, ampi soggiorni in condivisione con lo smart working dei genitori e della dad di altri fratelli, anticamere dove il wi-fi prende meglio, case dei nonni impacciati alle prese con il mezzo tecnologico per sostenere i nipoti, balconi perché altrimenti in casa c’è troppa confusione…

Nei primi tempi ne sono scaturiti anche momenti più o meno esileranti: nonni che mentre cucinavano condividevano la ricetta, voci di sottofondo che mettevano in evidenza dinamiche familiari note e meno note, fratelli anche loro in dad… insomma all’inizio tenere le fila di tutto in modo serio e composto non è stato per nulla semplice.

All’ inizio in alcuni casi si è dovuto dare agli studenti e alle famiglie un regolamento/vademecum su come comportarsi durante le lezioni online, nei cosiddetti momenti sincroni e nei momenti asincroni.

Alcuni alunni, soprattutto i più timidi e riservati in classe, paradossalmente durante le lezioni online si mostrano più a loro agio, meno timorosi e introversi; nelle quattro mura delle loro stanze si sentono forse più contenuti. Invece altri alunni esuberanti e vivaci in classe, in Dad soffrono e si sono spesso spenti.

Per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) la Scuola ha messo in campo risorse specifiche e personalizzate per mantenere saldo e costante il legame  con gli alunni e con le famiglie. Attraverso i docenti di sostegno, presenti nelle classi, si sono strutturati momenti di lavoro individuale e di gruppo per gestire al meglio le fragilità scolastiche e per valorizzarne i punti di forza. Si sono utilizzati dei mezzi facilitatori per la relazione didattico-educativa e si è cercato il più possibile di togliere le barriere che impedivano un rapporto autenticamente costruttivo.

Con la DAD la scuola necessariamente ha dovuto abbandonare la modalità classica di trasmettere i contenuti per porsi altri obiettivi. Percorrere nuove vie e nuovi percorsi per permettere agli studenti di sentirsi protagonisti anche in questa nuova dimensione.

Durante la DAD i ragazzi si sono trovati ad attingere a concetti, risorse emotive e cognitive scaturite ed alimentate nel processo di apprendimento scolastico, e ora in un momento di criticità pandemico, è fondamentale aiutarli a riprendere questo bagaglio per rivitalizzarlo interiormente e nel gruppo classe e non solo, affinché anche quelle competenze, conoscenze, e abilità possano permettere di vivere più serenamente questo nuovo periodo. Una sorta di circolarità dell’apprendimento.

E’ andato tutto bene? Sta andando tutto bene?

Non ho mai creduto e non ho mai ceduto alle lenzuolate “Andrà tutto bene”. Non sostengo slogan assoluti, ma credo nel lavoro di ogni giorno, tra fatiche e soddisfazioni, tra alti e bassi.

Insegnare attraverso la DAD è stata ed è questa cosa. Un impegno fatto di parole, gesti, esempi, rimproveri, comportamenti, stati d’animo … che se presi singolarmente non hanno significato e non rendono l’idea.

Fare scuola è sentirsi parte di una comunità educante ed ogni docente nella propria classe, nella propria aula anche virtuale deve alimentare questa idea. Un muoversi circolarmente dal singolo al gruppo e viceversa.

 

Andrà bene se questa esperienza lascerà a tutti i professionisti della scuola quella spinta a migliorare, rilanciando la sfida della DAD come un kit personale a cui attingere per condividere e socializzare buone pratiche di insegnamento didattiche, emotive e relazionali.

La DAD, ora DDI, Didattica Digitale Integrata trova compimento se quell’ expertise acquisita dai docenti  in un momento straordinario divenga una pratica ordinaria.

 

Andrà meglio se la Scuola sarà, con la Sanità, il Lavoro e l’Ambiente, un tema fondamentale in  agenda dei governi.

 

Paola Micci, insegnante scuola primaria Vignate

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