TESTIMONIANZA DAD – MARTINA CALONI

Durante questa pandemia spesso si è sentito parlare di ondate, di fasi e colori. Si è tentato di racchiudere in categorie l’incontrollabile nel tentativo di dare ordine al caos.

Nel rielaborare quello che è stato, anch’io suddivido la mia esperienza lavorativa in momenti ben distinti.

Sento ancora in me l’incertezza di marzo 2020. Nelle prime settimane, la scuola, come il resto dell’Italia, non voleva arrendersi all’idea della chiusura anticipata dell’anno scolastico e il blocco della nostra quotidianità. Aspettavamo da lì a breve la notizia del rientro a scuola.

Ma quella notizia non è mai arrivata e alla fine abbiamo dovuto fare i conti con la priorità più pressante: i nostri bambini non dovevano sentirsi abbandonati, dovevamo esserci e trovare un modo per farli sentire al sicuro tra le nostre braccia nonostante la lontananza.

Fortunatamente la tecnologia ha trovato una via. Seppur tra mille cavilli burocratici e difficoltà legate alla non conoscenza delle nuove piattaforme, la Dad ha preso piede nelle nostre vite e la luce dello schermo ha illuminato i nostri occhi al primo collegamento. Gli sguardi dei bambini me li ricordo bene: felici di ritrovarsi ma incerti, intimoriti, in cerca di risposte che, per la prima volta, non sapevamo dare e non avevamo nemmeno il tempo o il modo di cercare insieme.

Ogni giorno si è cercato di fare del nostro meglio, ve lo assicuro. Si è tentato di trovare un senso e un significato al nostro operato così diverso dalle nostre abitudini. Forse, in un certo qual modo, lo si è riscoperto: scuola è stare insieme e imparare a farlo; sentirsi parte di una comunità ed essere un po’ meno soli.

Questa era la mia preoccupazione più grande.

In quel periodo, ero insegnante sostegno e non mi davo pace al pensiero dei sentimenti provati dalla bambina che seguivo.

La Dad è al 90% comunicazione verbale. Il nostro rapporto, invece, fino a quel momento, era basato su vicinanza fisica, gesti, sguardi d’intesa ed esperienze concrete quotidiane.  Come poterle ricreare attraverso un computer, tenendo salde le conquiste didattiche, continuando magari a migliorarle? Come tenerla legata a quei compagni che cominciava a riconoscere solo con due collegamenti alla settimana? Come non farla sentire isolata? Avevo la sensazione che mi scivolasse tra le dita.

Torno a ripetere che ci abbiamo provato. Il team di classe e l’intero gruppo scuola ha continuato incessantemente a lavorare per aprire vie sconosciute ma di valore; e sentir leggere alla mia bimba le sue prime sillabe durante una videocall è stato come essere in cima all’Everest.

Arrivò l’estate, portando ancora speranza e attesa: i contagi diminuivano, settembre era vicino.

Ma questa volta avevamo delle certezze: la scuola in presenza ci attendeva e noi, insegnanti, eravamo pronti a tutto.

I corsi di formazione per incrementare le nostre competenze digitali ci avevano rese più sicure per ogni eventualità ed eravamo, e siamo, disposte a rispettare qualsiasi protocollo Covid pur di tornare finalmente in classe.

L’anno scolastico 2021/2022 non è stato facile.

Siamo arrivate piene di grinta per poi scontrarci contro la costante paura del contagio.

Come insegnante di sostegno il distanziamento di sicurezza non è così scontato e ho quotidianamente convissuto con la preoccupazione di infettare un bambino con una carezza perché, l’opzione “Essere asintomatici”, è sempre stata dietro l’angolo.

Quel contatto che i bambini così naturalmente ricercano, ho imparato a trasmetterlo sotto altre forme, mascherando la ritrosia con l’ironia e la felicità di essere, nonostante tutto, insieme.

Gli ostacoli sono diventati momenti di apprendimento e in ogni imprevisto abbiamo sempre cercato di trarre il meglio. Perfino la DDI, incredibilmente, ha avuto risvolti positivi su alcuni bambini: si sono riscoperti più autonomi e sicuri di sè. E gli insegnanti hanno messo in campo tutta la fantasia e la creatività di cui fossero capaci pur di “Bucare lo schermo” della LIM.

Solo oggi, dopo essere stata finalmente vaccinata, mi rendo conto di quanto mi sia mancato stare vicina ai bambini.

E’ come essere tornata a respirare dopo un lungo periodo di apnea e spero che la scuola riparta da qui, da ciò che ci è mancato di più: dal valore del vivere in società, con rispetto dell’altro e delle regole di convivenza che fino ad oggi ci hanno permesso di restare al sicuro.

Oltre che a un profondo senso di gratitudine verso il sistema “Scuola” che, al di là delle imperfezioni sempre migliorabili, ha retto ad una pandemia mondiale.

Ripartiamo da qui, dalla voglia di stare insieme e dalla voglia di farlo bene.

 

Martina Caloni, Insegnante di sostegno, precaria,  alla scuola primaria

 

 

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