Febbraio 2020 la scuola chiude per pandemia, inaspettatamente ed improvvisamente ci troviamo difronte una situazione mai vissuta. Dopo la prima settimana di chiusura totale e con la certezza che non sarebbe finita tanto presto, la scuola reagisce.
Seguendo le prime indicazioni, si sviluppa in pochissimo tempo la piattaforma, nel nostro caso G Suite di google, già avviata per la rete interna, da utilizzare per fare Didattica A Distanza (DAD) acronimo sconosciuto è diventato oggi la cifra della scuola.
Non c’è stato tempo di ragionare su come fare, l’obiettivo posto: “i ragazzi non vanno lasciati soli”.
All’inizio è stata una sfida per tutti, l’organizzazione della piattaforma, i docenti che dovevano imparare in fretta non solo l’uso della tecnologia ma anche come questa doveva essere usata.
Quando abbiamo capito che il rischio, poi diventato realtà, che la situazione sarebbe durata per tutto l’anno scolastico successivo, abbiamo sperato che i provvedimenti presi dal Governo fossero messi in pratica in modo efficace e sufficienti per scongiurare una scuola snaturata.
Le disposizioni dei vari decreti che riguardano la scuola sono state interpretate e applicate nel modo da favorire il più possibile la didattica in presenza. Quindi si è lavorato durante l’estate per la riorganizzazione degli spazi ed un orario scolastico con entrate ed uscite scaglionate. Controlli interni puntuali e rigorosi per il rispetto delle prescrizioni, intervenendo anche sul regolamento di disciplina interno per il rispetto delle norme anticovid.
Insomma speranzosi che nonostante la pandemia potessimo avere un anno scolastico diverso dalla primavera precedente. Invece, sono arrivate le “ondate”, siamo precipitati di nuovo nella DAD, abbiamo avuto, come scuola tecnica professionale la “fortuna” di poter svolgere l’attività dei laboratori in presenza e di riservare un giorno alla settimana in presenza per gli studenti (BES) bisogni educativi speciali, anche quando siamo diventati zona rossa.
Abbiamo utilizzato immediatamente la possibilità del 50% delle presenze in sede facendo alternare le classi settimanalmente, per arrivare alla situazione attuale con le classi terminali (quinte per il tecnico-professionale e terze per IEFP) sempre in presenza e le altre classi alternate in presenza settimanalmente.
La scuola, tranne i primi dieci giorni di inizio pandemia, non ha mai chiuso.
Personale docente, non docente e soprattutto studenti si sono trovati difronte ad un nuovo modo di fare scuola molto più impegnativo con molto più tempo da dedicare ma soprattutto privo di quella socialità che è l’essenza stessa della scuola e della motivazione ad apprendere.
Ad un iniziale “curiosità” e anche interesse da parte di studenti solitamente più “distratti”, già dopo due mesi di didattica interamente a distanza, sono emerse tutte le criticità e l’arretratezza di ordine tecnico, culturale ed economiche.
Conseguenza anche di 20 anni di tagli draconiani alla scuola e al sistema formativo in generale.
Abbiamo avuto le prove della accentuazione delle diseguaglianze non solo socioeconomiche, ma soprattutto di opportunità formative, mi riferisco al divario esistente tra chi nasce e cresce in un ambiente che offre i mezzi anche culturali e chi ne è sprovvisto. Con una scuola, che depauperata di risorse di ogni tipo, non è in grado di colmare.
La pandemia ha evidenziato tutto questo e anche molto altro, come per esempio che la scuola con la didattica a distanza (da non confondere con la didattica digitale) non è scuola. Manca non solo la socialità tra pari e tra insegnanti e studenti, ma anche tutto il linguaggio del corpo, fondamentale nella comprensione del non detto che aiuta a cercare modalità per motivare allo studio e all’impegno.
Il Governo ha risposto all’emergenza, secondo me, in maniera adeguata.
Sono state messe a disposizione tante risorse, qualcuna forse anche inutile e qualche altra poco pensata nel complesso però la risposta c’è stata. Credo sia quello che succede quando c’è l’emergenza.
Sono stati distribuiti nella nostra scuola circa 150 computer alle famiglie, si è proceduto all’acquisto di libri di testo per aiutare le famiglie in difficoltà, è stato accelerato all’ammodernamento tecnologico e comunicativo dell’istituto, lo stesso mi risulta sia avvenuto in tutte le scuole, insomma la scuola tutta, ha cercato di dare delle risposte.
Siamo riusciti a limitare i danni? Abbiamo raggiunto gli obiettivi minimi che una situazione di questo tipo consente? Probabilmente si, da un punto di vista nozionistico.
Molto meno sotto il profilo formativo complessivo per le considerazioni di cui sopra a proposito della DAD. Come sempre tutti i mali non vengono per nuocere. Anche per la scuola questa pandemia può rappresentare finalmente un punto di partenza nuovo. Stabilito che indietro non si torna, anche dopo l’emergenza bisogna continuare ad investire nella scuola.
Abbiamo capito che la didattica in presenza si può fare meglio con il digitale, allora abbiamo bisogno di accelerare sulla dotazione tecnologica, abbiamo bisogno di rinnovare gli spazi (nuova edilizia scolastica) e per le scuole tecniche, rinnovare tutti i laboratori uscendo dal loop delle solo simulazioni.
Soprattutto abbiamo bisogno di investire sugli insegnanti. FORMAZIONE, FORMAZIONE E FORMAZIONE, Formazione pedagogica, formazione tecnico-digitale e formazione didattica motivazionale. Formazione quella vera, non dei corsi per sostenere il reddito di qualcuno, sgravando gli insegnanti dal lavoro burocratico, diventato negli anni davvero distrattivo e alienante.
Lo dicono tutti i dati dai vari istituti di ricerca, per uscire dal pantano e guardare al futuro con speranza, abbiamo bisogno di formazione e di Scuola con la S maiuscola. Se questo accadrà quest’anno e mezzo sarà ricordato certamente come l’anno nero della scuola ma anche come l’inizio della rinascita.
Michele Bocale, insegnante laboratorio tecnologico IPSIA Melzo